Il Mottarone (1.492 m s.l.m.) è una montagna granitica situata in Piemonte nel gruppo del Mergozzolo, nelle Alpi Pennine, sulla linea spartiacque tra la provincia di Novara e quella del Verbano-Cusio-Ossola, nel territorio comunale di Stresa

Fino agli anni ottanta dell’ottocento, quello che oggi è conosciuto con il nome di Mottarone – e che rappresenta la vetta più alta del gruppo del Mergozzolo – era indicato nelle guide e in diverse carte geografiche indistintamente con il nome di: «Monterone», «Motterone», «Mutterone» ed era parte della catena chiamata «Margozzolo» o «Mergozzolo».

Nel 1884, con lo scritto “Il Margozzolo e il Mottarone”, fu l’avvocato piemontese Orazio Spanna – con il benestare del Conte Guido Borromeo – a sciogliere ufficialmente i dubbi circa il nome della cima più elevata del gruppo del Mergozzolo. Invero, dopo un’attenta analisi etimologica, secondo Orazio Spanna la parola Mottarone doveva essere intesa come una sincope linguistica di “Monte Rotondo”. Gli abitanti dei paesi posti sui pendii occidentali del Mottarone, infatti, erano soliti chiamare la vetta con il nome di “Meut rond” o “Mota rond”. “Meut” e “Mota”, nell’allora dialetto del vergante, volevano dire “monte”; mentre “Rond”, parola usata dagli antichi tedeschi, a “rotondo”, vista la forma tondeggiante della vetta, interamente ricoperta di erba. Tuttavia, di un “Monte Rotondo”, presente proprio in quei territori tra il Lago Maggiore e il Lago d’Orta, si parlava già in alcune carte del 1770.

Una volta sciolti i dubbi sul corretto nome del Mottarone il suo nome è andato a sovrapporsi, da un punto di vista sostanziale, a quello del Mergozzolo e, pertanto, anche oggi il nome del massiccio “Mergozzolo” è poco diffuso poiché viene chiamato più comunemente “Mottarone” o “Massiccio del Mottarone”. Tuttavia, è opportuno precisare che a livello teorico il Mottarone e il Mergozzolo non possono essere considerati la stessa cosa: “come non sono la stessa il comignolo e la casa”, come ha evidenziato nel 1884 Orazio Spanna.

La Storia

La famiglia Borromeo

Una volta ottenuto il Vergante, la famiglia Borromeo acquistò dai comuni limitrofi vasti territori montuosi, al punto che tutto il versante orientale della montagna divenne di sua proprietà: dalla località Alpino fino alla strada provinciale che sale da Armeno. Ancor oggi, per salire in auto al Mottarone dal lato della località Alpino, si deve far uso di strada privata, gravata di pedaggio.

Tra i pascoli del Mottarone, ad un’altitudine di circa 1090 metri di altitudine, il conte Carlo Borromeo fece costruire nel 1680 un oratorio per quegli alpigiani che allevavano bovini e caprini a mezzadria per la casa Borromeo. Per la realizzazione di alcuni affreschi (in particolare, S. Eurosia) venne chiamato Giovanni Bernardo Zucchinetti. La chiesetta divenne ben presto meta di pellegrini provenienti anche dall’estero; con l’avvicinarsi dell’ottocento, infatti, la zona cominciò ad essere frequentata da numerosi turisti italiani e anglosassoni.
Il Mottarone agreste

Prima del Novecento, il Mottarone si presentava con un aspetto ben diverso da quello attuale. Nella sua storia, infatti, ha sempre suscitato interesse alle attività legate all’allevamento, alla pastorizia e all’alpeggio. I contadini hanno da sempre usato tale montagna come località di pascolo estivo per il bestiame: pecore, capre, bovini, cavalli; almeno fino a quando nel 1850 il governo Sabaudo, preoccupato che gli animali potessero finire nelle mani degli Austriaci, decise di trasferirli vicino a Torino. Quindi, fino alla prima metà dell’Ottocento il Mottarone è sempre stato apprezzato, da una parte, per la bontà dei pascoli e, dall’altra, per la capacità dei pastori di preparare Burro e formaggi locali. La montagna per molto tempo era disseminata di ricoveri – con caratteristico tetto di paglia – per pastori e per il fieno: nel 1881, ad esempio, gli alpeggi censiti erano settantasette e ospitavano circa 2000 mucche. Con il passare del tempo, tuttavia, non mancarono – anche per mezzo di solleciti della stampa – i richiami di confronto con diverse località svizzere che già vantavano invidiabili attrezzature alberghiere. Nel 1857 fu Luigi Boniforti, nella “Corografia del Lago Maggiore”, a scrivere per primo del Mottarone evidenziando l’assenza di pubblicità e di adeguate strutture ricettive. La sola costruzione presente sulla cima del Mottarone era una capanna usata per il telegrafo e come segnale per le operazioni trigonometriche: non erano presenti né trattorie né alberghi. L’unica struttura ricettiva, l'”Albergo Alpino” presso la località Alpino, distava ancora troppo dal culmine del Mottarone.

Emerse sempre più, dunque, la necessità di mettere a maggior profitto le bellezze panoramiche attraverso la costruzione di un albergo confortevole, che potesse ospitare i sempre più numerosi turisti (spesso inglesi) che si avventuravano fino alla vetta per godere del panorama.

La Belle Époque al Mottarone

A lanciare il Mottarone nell’olimpo delle località turistiche fu un avvocato valsesiano: Orazio Spanna, conosciuto come il “papà” del Mottarone. Come prima cosa si occupò di identificare un nome preciso e definitivo: lo battezzò Mottarone, da “meut rond”. Prima di allora, infatti, c’erano una serie di incomprensioni in quanto veniva chiamato indistintamente Monterone, Mergozzolo, Margozzolo.

La passione di Orazio Spanna lo portò a propagandare dappertutto la grazia del massiccio piemontese e a migliorare le condizioni dei pastori, che invitava ad unirsi in un consorzio. Fu lo stesso avvocato Orazio Spanna a promuovere la costruzione di un albergo sulla vetta del Mottarone. L’idea si concretizzò, finalmente, nel 1880 a Varallo Sesia quando Orazio Spanna ne parlò all’albergo Italia, condotto dalla famiglia Guglielmina, composta da otto fratelli, con ventiquattro figli. Con il supporto del Club Alpino Italiano, che offrì una sottoscrizione di lire 1.208 e 27 centesimi, i lavori per la costruzione del Grand Hotel Mottarone iniziarono il 28 giugno 1883 e si conclusero il 15 giugno 1884, data dell’inaugurazione. Tra i principali ospiti del Grand Hotel Mottarone si ricordano: Emanuele Filiberto, Vittorio Emanuele, Luigi Amedeo, Tommaso Alberto Vittorio, Isabella di Baviera, Margherita di Savoia e Maria Elisabetta. Così allo scadere del XIX secolo, il Mottarone, per merito dell’eleganza e della funzionalità dell’albergo Guglielmina, venne elencato nelle guide turistiche e consigliato da queste e dalle agenzie internazionali tra le migliori località di soggiorno per l’immensità e la grandiosità del suo panorama.

Per la vicinanza con Milano, il Mottarone e il suo panorama – anche nella località Alpino, che si estende nel territorio tra Stresa e Gignese – divennero la meta prediletta di alcuni pittori naturalisti lombardi e milanesi, come Filippo Carcano, Mosè Bianchi, Achille Formis, Pompeo Mariani, Ernesto Bazzaro, Leonardo Bazzaro, Uberto Dell’Orto, Eluterio Pagliano ed Eugenio Gignous, tra gli altri. Tra i musicisti Ildebrando Pizzetti, Arturo Toscanini, Guido Cantelli, Giovanni Anfossi col suo allievo Arturo Benedetti Michelangeli.

Fino al 1911 arrivare in cima al Mottarone non era così semplice: come testimoniato da Nino Bazzetta De Vemenia, il monte era accessibile da Stresa, soltanto a piedi, utilizzando le vecchie mulattiere degli alpigiani. Proprio per questo, al fine di facilitarne l’accesso e incrementarne sempre più il turismo, il 7 settembre 1911 venne inaugurata la ferrovia a cremagliera e trazione elettrica che collegava Stresa alla vetta. In poco più di un’ora, con tappe intermedie all’Alpino e alla stazione detta la Borromeo, il trenino arrivava alla stazione del Mottarone.